Ho letto Ogni mattina a Jenin come “romanzo scelto dalle Sfidanti”. Era da tempo nella mia libreria, ma ho sempre rimandato la lettura, consapevole che mi avrebbe profondamente colpita: sapevo che non sarebbe stata un’esperienza leggera o di semplice svago.
Ho deciso di affrontarlo in queste ultime due settimane, forse le più terribili e difficili per il popolo palestinese. Da molti anni subisce una repressione e un attacco impari da parte di Israele, ma mai con la violenza e la ferocia di quest’ultima guerra.
Il romanzo racconta la storia di quattro generazioni di una famiglia costretta a fuggire, dopo il primo attacco israeliano all’indomani della Seconda guerra mondiale, nel 1948, dal villaggio di Ain Hod a Jenin, ora situato in Cisgiordania.
Quello che doveva essere uno sfollamento temporaneo si è trasformato in un trasferimento definitivo: sono diventati profughi per tutta la vita.
La protagonista Amal, i suoi due fratelli , separati in modo violento e cresciuti su fronti opposti , le amiche, i bambini, i nonni, i genitori, e i tanti altri personaggi che popolano il libro mi sono entrati nell’anima. Sono vittime innocenti e, allo stesso tempo, protagonisti di una tragedia che dura ormai da troppo tempo.
L’autrice racconta tutto con rispetto, consapevolezza e, direi quasi, con grazia. Descrive il difficile rapporto tra i due popoli senza mai cedere all’odio verso gli Israeliani, ma lasciando comprendere molte cose.
È un libro che andrebbe letto, perché spiega la storia dei Palestinesi e degli Israeliani, costretti a un odio reciproco da scelte scellerate di uomini potenti e senza scrupoli, che — per interesse o fanatismo — li hanno messi gli uni contro gli altri.
Questo romanzo mi ha fatto pensare molto a un libretto di Amos Oz, Contro il fanatismo.
Arrivati al 2025, sarebbe auspicabile dialogare, trovare compromessi e convergenze, superare la violenza e dimostrare quella civiltà che dovremmo ormai aver raggiunto.
Purtroppo, si sta andando nella direzione opposta, con guerre che, a ben riflettere, rappresentano la cosa più stupida e terribile che l’essere umano possa compiere.