Ho preso questo libro al buio, attratta dal nome di Margaret Atwood, romanzo di cui non avevo mai letto nulla. Anche se probabilmente non è il suo migliore romanzo, dopo un manga e il romanzo censurato di Edna O’Brien, è stata una boccata d’aria fresca.
Atwood non è una scrittrice facile da affrontare; ne leggo un capitolo al giorno per metabolizzare ogni parola. La sua profonda comprensione dell’animo umano le consente di creare dinamiche tra i personaggi che sono singolari e complesse. La sua scrittura è essenziale, mai fuori posto, a tratti fredda, ma sempre capace di ispirare riflessioni importanti sui rapporti umani, sull’amore e sulla fatica di amare.
Il filo conduttore del romanzo è l’insoddisfazione e l’infelicità dei protagonisti, che portano al disfacimento dei loro rapporti. Tra di essi troviamo Elizabeth, la moglie (o ex moglie), che ha un carattere complesso e, apparentemente, è la più forte. È lei la manipolatrice di Nate, il marito immaturo e semi-mantenuto, che si rivela succube delle scelte della madre prima e della moglie poi. Nate ha avventure extraconiugali, ma non riesce a staccarsi dai legami familiari.
C’è poi Lesje, una giovane scienziata e paleontologa che conquista davvero Nate. Vive nel suo mondo prima di incontrarlo e fatica a relazionarsi con gli altri. È insicura e soffre per la presenza di Elizabeth nella vita dell’uomo che ama, ma non riesce a ribellarsi né a affrontare le situazioni che la fanno stare male.
Infine, ci sono le bambine di Nate ed Elizabeth, che rappresentano il perno della vita degli ex coniugi. Le problematiche economiche fanno da sfondo al romanzo, influenzando le scelte di ciascun personaggio e rivelando generosità, grettezza ed egoismo.