Filosofia minima del viaggiatore

La mia Valutazione:

7.5/10

Le mie considerazioni

Per la Sfida di lettura 2025 era richiesto anche un libro di viaggio, e questo titolo così particolare mi ha subito incuriosita e conquistata, probabilmente perché, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, per cinque anni, per motivi di studio,sono stata anch’io una pendolare.

Larsson, in questo libro che non è un romanzo, non è un saggio e nemmeno un diario in senso stretto, racconta i suoi quarant’anni da pendolare tra Danimarca e Svezia, tra città svedesi più o meno vicine, e più recentemente anche tra la Svezia e Milano, per ragioni personali e sentimentali. Ha viaggiato in treno, in traghetto, ha preso i costosi ma comodi aliscafi quando aveva bisogno di spostarsi rapidamente, e ha preso moltissimi aerei. Con il tempo ha accumulato una vera e propria esperienza da pendolare, tanto da decidere di scrivere questo libro nel momento in cui si è reso conto che nessun altro scrittore si era occupato davvero del tema, fatta eccezione per Fabio Stassi, unico autore italiano a trattarlo, ma in maniera diversa.

Il viaggio del pendolare è uno di quei momenti in cui la vita sembra andare in pausa. Larsson lo descrive come tre puntini di sospensione tra parentesi: qualcosa che apparentemente non merita di essere raccontato, ma che in realtà è tutt’altro che insignificante.

La lettura si apre con una riflessione forte: spesso, i ritardi dei treni pendolari sono causati da suicidi. Persone che decidono di togliersi la vita gettandosi sui binari. L’autore racconta che a Copenaghen esistono gruppi di supporto psicologico per i macchinisti che si trovano coinvolti in questi episodi drammatici.

In circa 200 pagine (formato Iperborea, quindi più strette e maneggevoli del solito), Larsson osserva e analizza con ironia e lucidità i comportamenti dei pendolari: la scelta del posto, gli oggetti smarriti, gli emarginati e i reietti, i passeggeri, gli orari,  il tempo sospeso del Covid.

In un passaggio cita proprio Fabio Stassi, accennando agli odori che si respirano sui mezzi pubblici. Questo mi ha fatto tornare in mente un episodio della mia adolescenza: una sera a cena, raccontai con fastidio ai miei genitori che, tornando a casa dopo le due del pomeriggio, salendo sul treno alla stazione Lingotto, ero infastidita dall’odore degli operai che vi salivano: dissi loro, con leggerezza e poca consapevolezza, che ‘puzzavano’; era l’odore del sudore, di metallo, delle vernici… Mi dava fastidio. Ricordo bene il rimprovero che ricevetti: erano persone che come minimo, per essere di ritorno nel primo pomeriggio, avevano già lavorato otto ore e probabilmente si erano svegliati nel cuore della notte per prendere il treno che li portasse al lavoro quindi degni di ammirazione. Una lezione che non ho mai dimenticato. I pendolari sono davvero un’umanità a parte, il “testimone”, come si autodefinisce l’autore, ha il sospetto che nessuno di quelli che si occupano di trasporti e li regolano, dai politici ai dirigenti e ai giornalisti, abbia mai viaggiato su un treno di pendolari.

Mi sono divertita a cercare su Google Maps i luoghi citati, in Danimarca e Svezia, paesi e paesaggi diversi dai nostri, quindi affascinanti per me, che li vorrei visitare, ma monotoni e poco interessanti per chi li percorre ogni giorno con ogni tipo di meteo.

Certo, dopo la lettura di un romanzo come la Valle dell’ Eden è difficile valutare un libro come questo, nel complesso mi è piaciuto, ma non mi ha entusiasmato, in certe parti l’ho trovato pesante.

La trama

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