Canne al vento

La mia Valutazione:

8/10

Le mie considerazioni

Canne al vento è uno di quei romanzi spesso trascurati, che vengono assegnati alle scuole medie o nei primi anni delle superiori come letture estive. Ricordo di averlo iniziato in quel periodo e di essere disposta a rimediare un’insufficienza pur di non continuare la lettura. Così, l’abbandonai, insieme ad altri romanzi che ho riscoperto e apprezzato da adulta. Solo ora, alla soglia dei sessant’anni, ho avuto l’opportunità di riprenderlo e scoprire un grande capolavoro.

 

Non saprei esattamente come classificarlo: non è solo un romanzo verista, né si limita al filone decadentista; in esso c’è tutto. In alcune pagine sembra di leggere un romanzo di Tolstoj, mentre in altre ci si immerge in un racconto ambientato nel nord Europa, dove la natura plasma la terra e la gente, popolato da folletti e personaggi fantastici. La scrittura di Grazia Deledda ha uno stile che si discosta da quello di Marquez e Allende, ma contiene anch’essa un certo realismo magico.

 

Sebbene il romanzo non sia scorrevolissimo — in alcuni punti l’ho trovato un po’ pesante — ho apprezzato di più l’ascolto di Michela Murgia, con il suo accento sardo, rispetto alla lettura tradizionale. L’epilogo è commovente, e Efix rimane uno dei principali protagonisti della letteratura italiana.

 

In definitiva, Canne al vento è un’opera che merita di essere riscoperta. La sua profondità e la sua complessità offrono spunti di riflessione su temi universali, rendendolo un libro che può toccare il cuore di chiunque, indipendentemente dall’età

La trama

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