«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.» Uno degli incipit più celebri della letteratura racchiude una grande verità. Il piccolo nucleo familiare composto da Amy, quattordici anni, e dalla madre Isabelle è infatti un nucleo infelice. La storia, ambientata nel New England, nella cittadina immaginaria di Shirley Falls, si apre con madre e figlia che condividono lo stesso ufficio in una fabbrica durante un’estate soffocante.
Le due sono unite da un amore profondo, da una sorta di linea nera che le lega, ma proprio questo “nero” fa percepire fin dall’inizio la tensione tra loro, dovuta a un evento nascosto che viene svelato gradualmente nel corso della lettura. Madre e figlia condividono un “destino” che le accomuna. Isabelle custodisce un segreto che la rende rigida e solitaria, distante dalle altre donne della fabbrica e dalle abitanti della cittadina, che sembrano condurre vite più brillanti della sua. È innamorata del suo capo, che ignora completamente i suoi sentimenti, e lei, come un’adolescente, costruisce castelli in aria su questo amore. È molto severa con Amy, e tra le due il rapporto è carico di tensione.
Shirley Falls è una cittadina pettegola, profondamente provinciale, dove tutti sembrano avere qualcosa da nascondere. Le donne sono le vere protagoniste della storia: Amy, Isabelle, Fat Bev, Dottie Brown, Stacy Burrows, ognuna con la propria vicenda personale. La Strout scrive con precisione, magistrale nel tratteggiare i caratteri, ha una sottile ironia anche nei momenti più drammatici; mi hanno colpita molti dettagli, così come le emozioni descritte in modo efficace e fluido. Le ambientazioni, interne ed esterne, il caldo, la pioggia, l’umidità: tutto è raccontato con grande cura. La trama è semplice, ma è proprio qui che risiede la forza della scrittrice, capace di trasformare le piccole cose in grande letteratura.
Mi è piaciuto moltissimo: un romanzo che insegna l’importanza della comunicazione, del chiarimento e della verità.
